Leggere una poesia, anche fra sé e sé o ad alta voce, è eseguirla, interpretarla e quindi anche modificarla, ricrearla. In una certa misura criticarla. Quando si dice che un testo poetico non è interpretabile solo a partire da se stesso si allude alla sua situazione nella cultura e nella storia. Chiunque legga una poesia, indipendentemente dal suo grado di coscienza o di conoscenza culturale rapporta le parole a una sfera di competenza e di risonanza che non è soltanto linguistica ma che è di tutta la sua mente, di tutta la sua coscienza, di tutto il suo inconscio. Anzi questo avviene in un modo diverso, e possiamo dire, per certi aspetti, più profondo o più coinvolgente di quanto non sia per altre forme di comunicazione linguistica proprio perché è ambigua, proprio perché ha un’apparenza informativa, comunicativa e persuasiva che viene modulata, per dir così, in una forma. Questa forma diventa deformatrice del messaggio e lo rende risonante come avviene nel sogno, in cui certe figure, certi personaggi sono dotati di doppie identità.
(da un’intervista a Franco Fortini del 1993)